giovedì 21 aprile 2016

Sport paralimpico: si fermi la deriva tecnologica prima che sia troppo tardi

Nel manifesto del Comitato Paralimpico Internazionale si legge che il suo obiettivo è quello di favorire una società più inclusiva per le persone disabili. Tra i quattro valori fondanti campeggia l'eguaglianza volta a abbattere le barriere.

Eppure se si osservano alcuni fenomeni che diventano più evidenti all'approssimarsi degli appuntamenti olimpici pare che l'evoluzione tecnologica stia lavorando nella direzione opposta creando circoli esclusivi all'interno del movimento. Ne parlavamo nei giorni scorsi su Facebook con Marco La Rosa, allenatore che da almeno 15 anni opera nell'Atletica paralimpica.


Alcuni esempi: nell'handbike il mezzo sofisticato, vera e propria Ferrari dai costi astronomici (l'ultima realizzazione della Dallara per Alex Zanardi costa decine di migliaia di euro), è destinato a pochi e fa la differenza eccome se in una disciplina di resistenza un cinquantenne domina. Pistorius, il brasiliano Alan Oliveira e ora il saltatore tedesco Markus Rehm portano alla ribalta l'Atletica paralimpica e la trasformano in discussioni su protesi da film di fantascienza e dai costi altrettanto astronomici. Negli ultimi 10 anni si è discusso di lunghezza, di passività e attività delle "lame", di esplosività più che del fattore umano. E di nuovo la ricerca tecnologica, come per sua natura, non può che premiare alcuni a discapito di altri.

Bisognerebbe fermarsi a riflettere e soprattutto porre un freno a questa folle corsa che sta portando a vanificare sforzi di decenni per imporre i valori dello sport paralimpico. Si fermi la ricerca fine a sè stessa volta solo alla prestazione da record, si ritorni a uno scenario dove lo sport serve a porre tutti sullo stesso piano. In fondo lo sport non deve essere ricondotto al record fine a sè stesso. Lo si riscopra dando a tutti le stesse opportunità come prevede la carta paralimpica.

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