giovedì 11 agosto 2011

Nadia Comaneci, la perfezione del 10


19 luglio 1976. La quattordicenne rumena Nadia Comaneci per la prima volta nella storia olimpica ottiene il punteggio della perfezione, 10, nel suo esercizio alle parallele asimmetriche.

La giovane ginnasta rumena, dopo essere salita alla ribalta tredicenne l'anno precedente ai Campionati Europei con quattro titoli (il concorso completo, il volteggio, le parallele e la trave,) e una medaglia d'argento  nel corpo libero, diventa la regina dei Giochi di Montreal dove ottiene per ben sette volte il punteggio perfetto e vince tre medaglie d'oro (concorso generale individuale, trave e parallele asimmetriche), una d'argento (concorso generale a squadre) e una di bronzo (corpo libero). 

Come a Città del Messico per il gran salto di Bob Beamon, il punteggio crea dei problemi agli organizzatori che in questo caso non hanno lo spazio sui tabelloni elettronici per segnare un punteggio di 10.00 e devono ricorrere all'espediente di segnare 1.00.


 

Quattro anni dopo alle Olimpiadi di Mosca, la Comaneci riuscì, in uno sport che a livello femminile brucia le sue regine ad una velocità impressionante, a vincere ancora due medaglie d'oro (trave e corpo libero) e due d'argento (concorso generale individuale e a squadre).

La Stampa - 22 luglio 1976



Sports Illustrated - 2 agosto 1976

Time - 2 agosto 1976

Newsweek - 2 agosto 1976


Parole d'autore

Giovanni Arpino - La Stampa 22 luglio 1976
"E guardiamo bene, adesso, questo prodigio di ossa, armonia, muscoli, grazia scattante, che per tre volte ha obbligato i giudici a stabilire il punteggio di «dieci», massima e mai raggiunta pagella di una ginnasta. Ha imparato a sorridere in pochi giorni, Nadia, per sedurre la folla che l'adora. Prima, mai disserrava le labbra. Ha un viso che ti sta nella mano, capelli lisci, sotto la pelle infantile la muscolatura lunga vibra febbrilmente. Appare asessuata come un coltello tenuto all'impiedi e di profilo. Vive di se stessa, l'hanno abituata, costruita, indotta e persuasa a vivere così. Per tutta la sua esistenza non ha fatto che piroettare, da una sbarra al cavallo, dalia trave al tappeto: otto ore di palestra quotidiane da otto anni. Una solitudine altamente proficua e misteriosamente insondabile.

Dicono infatti i grandi medici che si occupano di queste eccezionalità atletiche: non è possibile oltrepassare la soglia della coscienza infantile; si gareggia per denaro, per fame di gloria e vittoria, per farsi una posizione; due bambini possono sfidarsi tra di loro alla lotta, alla corsa, per raggiungere un traguardo, una supremazia; ma chi si misura contro e con se stesso, in silenzio, nel vuoto pneumatico dello stimolo intimo, è creatura che non conosciamo e che difficilmente le tecniche di indagine ci permetteranno di interpretare. Ecco dunque Nadia, che sembra dover cascare se le sternuti in faccia ed è invece una miracolosa, ma anche agghiacciante figurina della galassia atletica. Effimera e tuttavia crudele, con sé e con tutti. Ricavata dalla grazia, ma destinata al rischio, perché la ginnastica d'oggi — e lo si è visto a Montreal: un cubano si è subito spezzato una tibia all'esercizio alle sbarre — sta diventando tortura fisica. Nella ricerca di una proporzione (da «dieci» in pagella, appunto) tra l'armonia e lo slancio di forza, tra il tempismo e la scioltezza, lo scheletro umano e tutta la sua muscolatura subiscono sollecitazioni folli. Ma è inutile chiederlo a Nadia. Lei finge di sgranare occhi stupefatti. Poi finge anche di abbracciare una bambola. Fingerà per ultimo di mandare un bacino al pubblico. Povera, meravigliosa bambina"

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