giovedì 14 aprile 2016

Kobe Bryant alle Olimpiadi: un rapporto complesso

Si è conclusa nella notte l'incredibile carriera di Kobe Bryant che come regalo d'addio ha piazzato 60 punti contro Utah: un monumento della storia della NBA nella sua ventennale carriera. Eppure il ragazzo di Filadelfia, pur vincendo due titoli olimpici, non è mai riuscito a sviluppare un analogo feeling per l'appuntamento a cinque cerchi.

La prima volta che le strade di Kobe e del fuoco di Olimpia si incrociano è nel mese di giugno 2000. E' la stagione della sua esplosione, il primo anello del three-peat dei Lakers firmato Bryant-O'Neal.

Mesi prima nel definire il roster per la partecipazione ai Giochi di Sidney, coach Tomjanovich e il commissioner Russ Granik non avevano preso in considerazione la guardia di Lower Merion ma al primo turno dei playoff Grant Hill, già Oro a Atlanta 1996, deve alzare bandiera bianca per un infortunio alla caviglia di qualche settimana prima: intervento chirurgico e stagione finita. In piena finale per il titolo, i nomi che vengono fatti per la sostituzione da Granik sono quelli di Kobe e di Eddie Jones, guardia dei Charlotte Hornets. Il secondo dà la sua disponibilità, Bryant risponde: "Ho molto da fare questa estate, innanzitutto sposarmi". Qualche mese prima aveva donato come regalo di fidanzamento alla diciottenne Vanessa Laine un anello con un diamante da 7 carati. Si scatena la polemica; Kobe viene accusato di non essere patriottico ma il coach dei Lakers, Phil Jackson, taglia corto: "E' la sua vita, se pensavano fosse una valida alternativa glielo dovevano chiedere la scorsa estate". Di fatto i due si sposeranno solo nell'Aprile del 2001, ma in ogni caso non vola a Sidney: a conquistare il dodicesimo Oro olimpico statunitense viene chiamato Shareef Abdur-Rahim.

Non parte bene neanche il successivo ciclo olimpico; Kobe viene invitato a partecipare ai Mondiali del 2002 che si disputano negli States ma si tira indietro. E' in buona compagnia come lui declinano l'invito Tim Duncan, Michael Jordan, Kevin Garnett, Tracy McGrady. Gli Stati Uniti vengono battuti nei quarti di finale dalla Jugoslavia che vola verso la conquista del titolo mondiale, il secondo consecutivo, l'ultimo della sua storia.
L'anno successivo Kobe dovrebbe fare parte della spedizione ai Campionati Pan-Americani che fungono da qualificazione per le Olimpiadi di Atene. Il nostro deve sottoporsi a un paio di interventi chirurgici alla spalla e al ginocchio, il suo posto è preso da Vince Carter ma, parola di Stu Jackson, responsabile della Nazionale, Bryant conserva il suo posto nel roster della squadra olimpica se gli Stati Uniti si qualificassero. Si qualificano e non poteva essere altrimenti ma sulla scaletta dell'aereo per Atene Kobe non c'è. E' alle prese con il processo per l'accusa di stupro che si conclude solo il 27 agosto con il ritiro delle accuse. Non è il solo a non rispondere alla chiamata; la lista degli assenti è più lunga del roster: Shaquille O'Neal, Jermaine O'Neal e Ben Wallace sono troppo stanchi, Vince Carter e Ray Allen devono sposarsi, Jason Kidd, Karl Malone e Elton Brand sono infortunati, Mike Bibby e Tracy McGrady accampano dubbi sulla sicurezza. Ci sono tutti i presupposti per un flop che puntualmente arriva. Quello che verrà ricordato dai posteri come il "Nightmare Team" perde di 19 punti all'esordio con Portorico, nel girone perde anche dalla Lituania, si inchina all'Argentina in semifinale. Arriva pur sempre una medaglia di Bronzo ma il fallimento è evidente.

Per la rivincita del 2008, Jerry Colangelo, capo del basket a stelle e striscie si muove per tempo e già a gennaio del 2006 incassa il sì dei tre salvatori della patria: coach Mike Krzyzewski, Lebron James e Kobe Bryant. "Sono molto eccitato di partecipare alle Olimpiadi, di rappresentare il nostro paese. Volevo farlo. E' una sfida, noi americani siamo abituati a essere al vertice e ora che non lo siamo, abbiamo un chiaro obiettivo di fronte a noi". Un intervento in artroscopia al ginocchio sinistro gli fa saltare i Campionati Mondiali del 2006 ma, e possiamo dire finalmente, Kone indossa per la prima volta la maglia della nazionale statunitense ai Campionati Panamericani del 2007, torneo di qualificazione per i Giochi di Pechino. Gli Stati Uniti si impongono nel torneo e Bryant dà il suo contributo nel quintetto di partenza delle dieci partite con 15.3 punti di media. Alle Olimpiadi cinesi gli Stati Uniti ritornano sul tetto del mondo: arrivano alla finale contro la Spagna mollando almeno 20 punti a tutti gli avversari. Gli iberici tengono il passo e al 32' sono a tre incollature (91-89). è a questo punto che Bryant mette la sua firma. Un paio di triple, 13 punti nell'ultimo quarto e gli Stati Uniti completano la Road to Redemption e si mettono al collo la medaglia d'Oro.

L'esperienza deve essere piaciuta a Kobe che a due riprese, nel gennaio del 2009 e nell'autunno del 2010 dà la sua ampia disponibilità per Londra 2012, "si tratta di rappresentare il mio paese, non c'è neanche da pensarci". E in effetti il 12 luglio del 2012, Bryant è in campo per la prima delle amichevoli di preparazione a Las Vegas contro la Repubblica Dominicana. A Londra la marcia del Team USA è trionfale, sono i Giochi del passaggio di testimone da Bryant a Lebron James ma Kobe fa vedere momenti di classe cristallina. Contro la Nigeria, doppiata 156-73, marca 14 punti in un quarto, nei quarti di finale contro l'Australia mette insieme sei triple  consecutive nel secondo tempo. E' per lui il secondo Oro olimpico in una squadra che secondo molti può competere con il primo e unico Dream Team. Sull'onda dell'entusiasmo per la vittoria, Bryant si lancia in un paragone: "Saremmo in grado di vincere contro il Dream Team del 1992", si scatenano le polemiche. Michael Jordan gli ricorda "avete imparato a giocare da noi", Kobe chiarisce: "Non ho detto che siamo più forti, ho detto che in una partita secca possiamo vincere".

E si arriva ai giorni nostri. A novembre del 2015, Kobe Bryant annuncia il suo ritiro, per alcuni mesi si pensa che il canto del cigno potrebbe arrivare a Rio ma a gennaio riporta tutti sulla terra: "Da quando ho annunciato il mio ritiro, ho iniziato a guardare questi ragazzi in un altro modo, sono loro il futuro del Basket, sono loro che meritano le Olimpiadi. Io ho avuto il mio momento"


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